A Genova c’è una Casa della musica: non una scuola, non un centro per registrazioni, non una sala prove. O meglio, c’è tutto questo e anche di più in un posto “nato per accogliere la musica, per dare spazio a chi la fa e a chi la ama.” L’oboista Riccardo Damasio, tra i fondatori di una realtà ormai decennale e praticamente unica nel suo genere in Italia, ci racconta la storia e le attività della Casa della Musica: “E’ uno spazio fisico pensato e attrezzato per offrire davvero una “casa” alla musica e i musicisti: quando è nato il cuore del progetto era proprio questo. Fisicamente ha aperto nel 2007, al termine di un processo iniziato nel 2000. In quell’anno sono iniziati una serie di lavori di ristrutturazione nell’area del porto antico, lavori pensati in vista del G8 2001 e di Genova Capitale della Cultura (2004). L’area del porto antico a quel tempo non era aperta alla città, quindi si è trattato di un processo di restituzione di un’intera parte di Genova con l’idea di creare uno spazio cittadino nuovo: come prime cose sono stati aperti il Museo del Mare, inaugurato nel 2004 e la Facolta di Economia; tra i progetti vi era l’istituzione di una Casa della Musica, una Casa dell’Arte, un Auditorium e spazi per bambini: la Casa della Musica ha aperto, gli altri progetti non sono decollati.”
La Casa della Musica è nata per accogliere la musica, per dare spazio a chi la fa e a chi la ama
Quali sono stati i primi passi della Casa della Musica?
“Tutta l’area rinnovata è stata posta sotto la gestione dalla Porto Antico S.p.A., una partecipata del comune: all’epoca abbiamo costtuito un consorzio di musicisti e realtà musicali, approntando un progetto di gestione e riqualificazione di spazi adatti ad ospitare la musica. Abbiamo vinto, e nel 2007 abbiamo iniziato le attività, divise nel nostro progetto in tre ambiti: in uno spazio di 1000 metri quadrati avevamo previsto di destinare circa la metà ad aule di musica, e l’altra metà divisa tra sale di registrazione e aule per la formazione. Non sono mancate le traversie, anche perchè siamo partiti proprio nel momento in cui è esplosa la crisi; Genova poi è una città dove non è facile costruire cose nuove, il primo atteggiamento è di diffidenza ed oggettivamente l’impresa è stata complessa. C’è stato un grosso investimento di risorse private da parte delle persone (perlopiù musicisti) direttamente coinvolte.”
Con che attività siete partiti? Ci sono stati dei cambiamenti in questi 10 anni?
“Siamo partiti puntando molto sulla didattica per bambini: all’epoca c’erano pochissime offerte in tal senso e siamo diventati presto un punto di riferimento. Negli anni poi il nostro fuoco si è spostato anche su altre cose, ad esempio ospitando musicisti, spesso professionisti che hanno usato la Casa della Musica come sala prove: in questo spazio c’è un’unione di tecnologia d’avanguardia e bellezza, abbiamo lavorato per costruire un luogo tecnicamente eccellente e in tal senso è uno spazio adatto ad ospitare situazioni “raffinate” come Theresiae; questo progetto rientra in una piùampia idea di lavorare su aspetti di alta formazione che ci permettano di uscire dalla dimensione cittadina. Al centro c’è sempre il concerto di “ospitare la musica.”
L’impresa è stata complessa: c’è stato un grosso investimento di risorse private da parte delle persone direttamente coinvolte
Come sono le vostre relazioni con il territorio?
“Direi buone, sia con le altre scuole di musica, tra cui in particolare la Scuola Conte, con cui ci sono pratiche di collaborazione che valorizzano la rete territoriale, sia con il Conservatorio, con cui ragioniamo soprattutto in termini di propedeutica ai corsi pre-accademici; inoltre abbiamo collaborazione con l’Università, il Comune e la Regione.”
Restando in tema di “territorio”, qual è il rapporto con gli enti pubblici? Vi sostengono finanziariamente?
“Se per sostegno intendiamo finanziamenti diretti, allora no, non ne abbiamo: i soldi pubblici a cui abbiamo avuto accesso in questi anni vengono tutti dalla vittoria di bandi a cui abbiamo partecipato con i nostri progetti.”
Su quali progetti state lavorando in questo momento?
“Abbiamo nuovi progetti che puntano ad allargare l’utenza e a diversificare l’attività: ad esempio abbiamo in cantiere un progetto sulla canzone in collaborazione con la Scuola Holden di Torino, un progetto che punta a lavorare sulla canzone da un punto di vista del testo, utilizzando le competenze specifiche di una scuola di scrittura creativa come la Holden. Un progetto come questo amplia i confini della nostra attività oltre quelli cittadini perchè sicuramente sarà attrattivo per giovani da tutta Italia. In un contesto più locale invece c’è in corso un progetto con l’Università di Genova, che ci ha chiesto una consulenza per istituire un coro a cappella di studenti: un’idea un po’ all’americana che sta dando buoni frutti. Infine abbiamo vinto un bando del Fondo Sociale Europeo per un progetto di inclusione di persone con disabilità: si tratta di un progetto piuttosto ampio, con una parte di attività specifiche e una parte dedicata alla formazione di un ensemble misto, che accolga nello stesso gruppo strumentale disabili e normodotati.”
La collaborazione con Theresia è una delle novità di quest’anno: come si configura il lavoro assieme all’orchestra?
“Per noi questa nuova collaborazione è molto importante: ci permette di coltivare il filone dell’alta formazione e di portare dentro gli spazi della Casa della Musica un’orchestra raffinata come Theresia, facendo quindi incontrare l’estrema qualità del lavoro di Theresia con un luogo tecnicamente eccellente. In particolare, la residenza che si svolgerà a luglio sarà un vero e proprio stage e si terrà qui a Genova, nella Casa della Musica; per la produzione di maggio, invece, la nostra collaborazione ha permesso di avviare una partnership con il Teatro di Camogli, un bellissimo Teatro che ha riaperto da pochi mesi.”
Theresia è un’orchestra sostenuta da un progetto di mecenatismo privato: ci sono realtà analoghe e iniziative di mecenatismo culturale sul vostro territorio?
“Ci sono molte situazioni potenzialmente interessanti ma il discorso non è semplice, più che altro perchè il genovese ha una certa diffidenza, non si butta, resta volentieri nella cerchia delle persone a lui più vicine. Noi in questo senso siamo un po’ anomali e pensiamo che l’esempio di Theresia possa servire a lanciare un modello virtuoso anche da noi.”