La Gran Bretagna ha votato “Brexit”: anche se la maggioranza è risicata, il voto è comunque netto, e molto realisticamente la conseguenza sarà – anche se si è trattato di una consultazione non vincolante – l’uscita dall’Europa della Gran Bretagna.
Si rincorrono le analisi politiche ed economiche del dopo referendum, ma quali saranno le conseguenze nel mondo della musica? A poche ore dal voto, lo staff amministrativo dell’Eubo, l’Orchestra Barocca dell’Unione Europea, ha emanato un comunicato, in cui Paul James, Emma Wilkinson e Noora Heiskanen dichiarano di essere “scioccati e tristi per il risultato del referendum nel Regno Unito, e preoccupati delle conseguenze che vi saranno per Eubo, per il mondo musicale e per l’Europa.” Al di là della caduta degli ideali culturali e politici comunitari che hanno animato Eubo (attiva da 30 anni) così come altre iniziative, lo staff si dichiara preoccupato di un probabile “fall-out per il nostro settore a causa della reintroduzione di visti, permessi di lavoro e normative doganali, che sarà dannosa per tutti i musicisti europei, limitando gravemente la loro capacità di muoversi e lavorare liberamente in tutta Europa.” L’attività dell’orchestra per i prossimi anni non è in forse: i finanziamenti dell’Unione Europea sono garantiti fino al 2018 grazie al progetto pan-europeo EUBO Mobile Baroque Academy (EMBA), ma che futuro avrà un’orchestra dei giovani dell’Unione Europea con sede in Inghilterra?
Il magazine Classic Fm riporta altri commenti preoccupati di esponenti del modo musicale inglese: per Stephen Maddock, Amministratore Delegato della Birmingham Symphony Orchestra “il problema principale è ciò che questo significherà per la libera circolazione degli artisti in tutta Europa. Come tutte le orchestre, abbiamo beneficiato del flusso bidirezionale di musicisti e del fatto che viaggiare in Europa è molto facile. Ci chiediamo se e come tutto questo cambierà.” E il Royal College of Music ha emanato una comunicazione ufficiale in cui rivendica l’internazionalità della propria comunità di studenti e docenti e auspica che non vi siano cambiamenti nei rapporti con studenti provenienti dai paesi EU e coinvolti nei progetti Erasmus.
Più in generale, tutto il music business inglese potrebbe subire grosse conseguenze dall’uscita dalla UE: le major e le etichette indipendenti inglesi da questo punto in poi non potranno godere, ad esempio, degli effetti della legislazione europea sul copyright. Non solo: l’Inghilterra con la Brexit non avrà più voce nella Commisiione Europea che si occupa a tempo pieno della regolamentazione dei diritti d’autore.
C’è chi però minimizza l’allarme: al post apocalittico di Norman Lebrecht che sul suo blog Slipped Disc tuona: “Ora i musicisti non inglesi se ne dovranno andare dalla Gran Bretagna” più di un commentatore ricorda i numerosi cittadini extraeuropei che lavorano nelle orchestre inglesi; inoltre, ci sono almeno due anni per negoziare l’uscita dalla UE, e in due anni tutto può succedere.