Il workshop che Theresia Youth Baroque Orchestra terrà tra pochi giorni sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia è realizzato in collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini e con l’Istituto per la Musica che della Fondazione è parte integrante: abbiamo raggiunto telefonicamente il musicologo Gianmario Borio, per farci raccontare le attività dell’Istituto e capire le implicazioni di questa nuova importante collaborazione.
Professor Gianmario Borio, Lei è direttore dell’Istituto per la Musica della Fondazione Giorgio Cini: quali sono le attività principali dell’istituto?
“L’Istituto per la Musica è stato fondato nel 1985, io ne sono direttore dal 2012. Definirei l’Istituto come un Giano bifronte. Da un lato c’è l’archivio, che raccoglie fondi relativi a una ventina di compositori del XX secolo, e dunque l’Istituto si occupa di schedatura e inventariazione di questi materiali. Senza false modestie, ci collochiamo all’avanguardia in questo settore: un paio di anni fa in un convegno degli archivi europei è emerso con chiarezza il livello di eccellenza che l’Istituto per la Musica ha raggiunto nella schedatura e nelle modalità di gestione archivistica. Dall’altro lato c’è la ricerca, che naturalmente si aggancia all’archivio e lo valorizza. Per non far torto a nessuno dei “miei” compositori, il nostro programma di ricerca non è impostato in senso monografico ma si articola per “cluster” nei quali si possono stabilire relazioni tra diversi stili e tendenze. In quest’ambito abbiamo di recente prestato un’attenzione particolare alla cosiddetta ‘artistic research’, ovvero a quell’area in cui performance e indagine musicologica si incontrano, e in cui la pratica della musica è intesa già come un embrione della ricerca.”
Questo è molto interessante, perché musicologia e performance vengono talvolta giudicate distanti: i musicologi vengono accusati di troppo accademismo e gli strumentisti di scarsa conoscenza della storia della musica. Sono solo stereotipi? Qual è il punto di contatto tra questi due approcci alla musica?
“Ci sono effettivamente dei problemi nella relazione tra ricerca ed esecuzione: un primo grande problema è quello dei rapporti tra Conservatori ed Università, rapporti tesi e problematici. Io sono un accademico, quindi non darò in questa sede la mia versione dei fatti, che potrebbe essere giudicata di parte. Ma che ci siano delle problematiche – in tutto il mondo, in realtà, ma in Italia in modo particolare – è un dato di fatto. Poi c’è da dire che negli ultimi decenni la ricerca musicologica si è molto raffinata e chi dedica sei, sette ore allo studio di uno strumento – impegno minimo per un professionista – non ha sicuramente la testa e il tempo per praticare la ricerca ai livelli che ormai sono lo standard, e quindi l’esecutore rischia di fare una ricerca annacquata. Di fronte a questi problemi il mio atteggiamento è quello di non tirarsi indietro: sono sfide da affrontare perché la necessità di un raccordo tra i due mondi è importante. Una delle risposte possibili è quella di progetti mirati grazie ai quali mettere in relazione ricerca e performance. Su questo verteranno ad esempio due manifestazioni in programma nei prossimi mesi: un workshop sulla chitarra nelle composizioni di Mauricio Kagel, Giacomo Manzoni e Fausto Romitelli e un convegno internazionale, organizzato insieme all’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati, che ha come oggetto la performance in diversi ambiti musicali (jazz, musica etnica, contemporanea, barocca).”
Nella collaborazione dell’Istituto con Theresia Youth Baroque Orchestra si realizzerà questo raccordo?
“Sì: il progetto con TYBO è in effetti uno dei momenti in cui io cerco proprio questo tipo di incontro, e sono fiducioso che avverrà positivamente. Innanzitutto abbiamo invitato tre musicologi a tenere alcune lezioni, e sono ben consapevoli del tipo di platea che avranno di fronte; dall’altro lato, i musicisti di Theresia sono già incanalati entro una certa forma mentale: oltre a essere esecutori di notevole livello, conoscono l’importanza dello studio delle fonti, dell’indagine sugli strumenti storici, della conoscenza della notazione. Insomma, io sono fiducioso che ci sarà una grande disponibilità reciproca e ben felice che la struttura in cui il workshop avrà luogo favorisca questo tipo di incontro.”
La collaborazione dell’Istituto all’organizzazione del workshop e audizioni di Theresia Youth Baroque Orchestra: è un’iniziativa che rientra nelle normali attività o rappresenta una novità?
“Dicevo prima che l’Istituto per la Musica ha una doppia identità: l’archivio e la ricerca. E’ apparentemente assente la performance, ma non è una scelta ideologica, è invece una necessità legata alle limitazioni del budget. In questo senso è preziosa la collaborazione con altre realtà: da anni la Fondazione Giorgio Cini ospita le masterclass dell’Accademia Georg Solti; il progetto con TYBO si inserisce in questo filone.”
Theresia Youth Baroque Orchestra nasce all’interno di un progetto di mecenatismo privato: alla luce del panorama attuale dell’organizzazione culturale in Italia lei come valuta questo progetto?
“E’ chiaro che il modello del sostegno statale non è destinato a durare. Io non so se sia un bene o un male; ho imparato ad essere pragmatico e quindi prendo atto di questo processo. Del resto conosco bene gli Stati Uniti, dove il finanziamento privato alla cultura è essenziale: uno dei vantaggi è il fatto (e la necessità) di conoscersi, di instaurare un rapporto personale tra chi mette a disposizione denaro e chi lo usa. E’ chiaro che entrambe le parti sono tenute a un maggiore impegno e che in un certo senso questo sistema può essere faticoso. Il finanziatore deve avere uno spiccato interesse, una passione per gli eventi culturali, ritenere la cultura una componente fondamentale per la propria immagine; chi invece impiega tali finanziamenti deve avere la piena consapevolezza e sentire la responsabilità per l’efficacia e le ripercussioni sociali delle proprie azioni.”