Che il termine “mecenate” sia maschile è fuori discussione: Mecenate era un patrono delle arti nella Roma di Augusto, e il suo nome è passato alla storia indicando, per antonomasia, chi dedica le proprie risorse al sostegno della cultura. Un sostegno nei migliori dei casi disinteressato, non legato a logiche di promozione di sè o delle proprie imprese, motivato dalla pura passione verso l’arte.
In una società in cui il termine è sempre più di moda, c’è chi si è chiesto se la differenza di genere tra uomo e donna rappresenti anche un differente approccio alle modalità con cui si declinano il ruolo e le azioni di mecenatismo. E’ nato così un saggio di recentissima pubblicazione, a firma di Elisa Bortoluzzi e Hansrudolf Frey, “Mäzeninnen. Denken, Handeln, Bewegen” (“Le mecenati: pensare, agire, cambiare” ndr). Del volume, finora non tradotto in italiano, ha parlato nei giorni scorsi sul Sole 24 ore Pier Luigi Sacco, moderatore durante una presentazione del libro assieme agli autori.
Il libro nasce dalla vasta esperienza di dialogo e supporto con protagonisti del mondo del mecenatismo di Elisa Bortoluzzi, consulente per lo sponsoring e la comunicazione, che si è avvalsa della collaborazione di Hansrudolf Frey. L’analisi di Bortoluzzi e Frey prende le mosse da un vero e proprio boom che ha visto sempre più donne (soprattutto nei paesi di lingua tedesca, ma il libro racconta anche alcuni casi italiani) dedicarsi a progetti di mecenatismo. Numeri “impressionanti”, come scrive Pier Luigi Sacco sul Sole, un dato che “può essere visto come uno dei vari aspetti di un cambiamento sociale profondo che sta portando, in maniera sempre più chiara ed evidente, le donne a occupare spazi sempre più ampi nei nuovi modelli organizzativi della socio-economia della conoscenza.”
Ma è solo questione di numeri? Per gli autori (e per Sacco) no: le numerose interviste riportate dal volume testimoniano che “l’approccio femminile alla filantropia si caratterizza per una prevalenza della razionalità espressiva sul quella strumentale: l’obiettivo primario non è soltanto affrontare e risolvere un problema, ma dedicare cura e tempo, dando così al processo un’importanza paragonabile a quella del risultato finale, così come alla legacy, a ciò che sarà “dopo”, quando non sarà più possibile seguire lo sviluppo del progetto personalmente, ma facendo in modo che esso continui a operare e crescere anche oltre la parabola biografica di chi lo ha fatto nascere. C’è dunque poca attenzione alla costruzione di una “mitologia personale”, di un’immagine sociale spendibile su altri piani, e il risparmio di energie che ne consegue viene in genere riversato in una ancora maggior concentrazione sui progetti, che più che sostenuti vengono appunto “curati”. Il mecenatismo è una progettualità sociale estremamente complessa, che richiede talenti non diversi da quelli imprenditoriali, e forse ancora più variegati. È in fondo, nella sua accezione attuale, una forma molto rappresentativa di attività creativa ad alto contenuto di conoscenza, che fa leva su uno spettro ampio di motivazioni pro-sociali.”
E in un’intervista al Giornale delle Fondazioni Elisa Bortoluzzi spiega di aver scelto come protagoniste del libro donne “portatrici di progetti innovativi. La volontà di spendersi, l’originalità dei progetti e grande disponibilità a raccontare successi e criticità sono stati i criteri di scelta adottati per individuare le nostre interlocutrici. Questo senza riguardo alla loro notorietà. Ci siamo trovati di fronte a donne che hanno deciso di raccontare la propria storia, coscienti che solo comunicando le proprie scelte, raccontando come siano maturate, si può attivare la diffusione del virus della filantropia e motivare altri a donare. Come afferma Mariavittoria Rava “In questa ottica comunicare non è presunzione, è umiltà. Il filantropo non è solo donatore di denaro, ma anche portatore di valori.” La missione della comunicazione è anche essere una fonte di ispirazione per i futuri filantropi e filantrope, una galleria di esempi nei quali ognuno può trovare ragioni per la propria iniziativa che inevitabilmente avrà, ancora una volta, il carattere dell’unicità.”
Bortoluzzi-Frey, Mäzeninnen. Denken-Handeln-Bewegen, Haupt Verlag, Bern, 2014