Il Ministro alla Cultura Dario Franceschini l’ha annunciato con entusiasmo: in un anno 34 miliardi donati da privati e aziende nell’ambito dell’Art Bonus, il meccanismo di detrazione fiscale che favorisce le donazioni liberali a favore di musei e istituzioni culturali. In particolare, gli enti che hanno beneficiato dell’Art Bonus sono 134 Comuni, 11 Fondazioni lirico sinfoniche, 16 teatri di tradizione, e 27 enti che afferiscono al Mibact. Sul fronte dei mecenati, si registrano 47 enti, 159 imprese e 567 persone fisiche. Più nel dettaglio, il Mibact ha ‘incassato’ 662.960 euro, i Comuni 10.865.514 euro, le Fondazioni Lirico Sinfoniche 14.959.901, i teatri di tradizione 2.217.477, e altri soggetti 5.051.263.
Per il Ministro, i risultati sono ottimi in quanto raggiunti senza particolare promozione: “Più che positivi sono straordinari, perché in una fase sperimentale, senza una campagna promozionale, ci sono state piccole, medie donazioni a favore dei Comuni, dei musei, delle fondazioni lirico-sinfoniche.” Con qualche distinguo, però: “A eccezione di Unicredit, che ha dato milioni di euro per l’Arena di Verona, non c’è stata questa ressa delle grandi aziende.”
L’istituzione dell’Art Bonus si conferma come primo passo per la costruzione di un abito mentale diffuso, ovvero la normalità del sostegno alla cultura da parte dei privati: “Vorrei che, come in altri Paesi, la valutazione di impatto sociale di una grande impresa italiana – ha aggiunto Franceschini – fosse misurata in base anche a quanto dona per il recupero, la valorizzazione e la tutela del patrimonio del nostro Paese. Patrimonio che, come ci ricorda l’Unesco, è dell’umanità e dunque tutti devono contribuire, a cominciare dalle grandi imprese.”
Proprio per questo motivo, nella Legge di Stabilità 2016 è stata inserita la norma che rende permanente la detrazione del 65% di quanto donato, avvicinando così l’Italia al modello francese. La visione politica che sta dietro all’Art Bonus lascia però totalmente escluso tutto un mondo di mecenati ben più motivati, ovvero tutte quelle azioni non dirette al patrimonio pubblico, iniziative culturali interamente sostenute da privati che la burocrazia ministeriale non sa per ora nemmeno riconoscere.