Ciak, si gira: Theresia Youth Baroque Orchestra sarà tra i protagonisti di una nuova iniziativa promossa dalla Sagra Malatestiana di Rimini che consisterà nella produzione di un film concerto dedicato a Zoroastre, tragédie lyrique di Jean Philippe Rameau interamente girato all’interno dei monumentali spazi offerti dal Teatro Galli di Rimini. Durante le fasi di realizzazione il pubblico sarà ammesso sul set per assistere alla prima esecuzione in tempi moderni di una sequenza di pagine tratte dall’opera e affidate alla nostra orchestra diretta da Claudio Astronio.
Regista del film-concerto sarà Gianni Di Capua, che in quest’intervista ci racconta i dettagli del progetto.
Come nasce il progetto “Zoroastro”?
“Nasce inizialmente dall’incontro tra un’intuizione di Alessandro Taverna e il desiderio della Sagra Malatestiana di celebrare il compositore Jean-Philippe Rameau; e parallelamente dalla ricerca di un modo alternativo di portare il scena l’opera Zoroastro.
La scintilla che ha reso possibile la operazione, che è decisamente originale, curiosa, è scattata quando Alessandro Taverna ha visto il mio film documentario su Wagner (“Diario veneziano di una Sinfonia ritrovata”) e mi ha chiesto di escogitare un’opera televisiva. Io ho colto pienamente questo invito, questa provocazione, poiché è da molto che sostengo la necessità che la musica, come anche il teatro, afflitti dalla malattia dei costi in questo stato di economia stagnante, debbano trovare nuove strade, anche dal punto di vista dei mezzi espressivi, e ho sempre sostenuto che lo strumento televisivo possa fare moltissimo in tal senso. Non è certo una novità adeguare un testo teatrale o musicale che sia, al piccolo o grande schermo, ma dobbiamo ammettere che negli anni il linguaggio televisivo in relazione all’arte, in specie quelle performative, è stato sempre più mortificato, reso afono nelle sue potenzialità espressive da un generalizzato anafalbetismo che spesso sentiamo dire ”di ritorno”, ma che non è altro da ricondurre ad una languida e stanca età della televisione. Ma per ritornare alla sua domanda, e cioè com’è nato il progetto, occorre dire che a determinarlo , a renderlo cioè realizzabile, è stata una questione d’incontro; aggiungo un felice incontro, di realtà complementari tra loro, ciascuna portatrice di un prezioso carico di esperienza professionale, di motivazioni e ambizioni, il tutto posto a sistema.”
In questo “sistema” qual è il ruolo di Theresia Youth Baroque Orchestra?
“Un ruolo naturalmente fondamentale: senza Tybo il progetto non si sarebbe potuto realizzare, e non solo perché è l’orchestra che materialmente eseguirà le musiche di Rameau, questo va da sé; ma come dicevo parlando di ‘motivazioni’ e ‘ambizioni’, ecco, quando dico “Tybo” mi riferivo esattamente alla specificità, al carattere di una progetto musicale del tutto speciale, sicuramente singolare nel panorama delle istituzioni musicali italiane che, godendo del privilegio, e non di poco conto, dell’autonomia finanziaria, quindi affrancata dalle ansie della malattia dei costi, può risolversi a perseguire una visione decisamente lungimirante e moderna che nei fatti non si traduce tanto, come nel caso dello Zoroastro, ad eseguirlo soltanto e bene, ma rendersi disponibile a condividerne il progetto nel suo insieme. Questo, nei fatti, si traduce in disponibilità, flessibilità, umiltà, grande professionalità nel corso delle riprese. Sembra una cosa di poco conto, ma mi creda, non è cosa scontata, anzi, fa la differenza e TYBO ha dimostrato di avere questi valori che denoto strutturali nell’impianto stesso che l’organizzazione si è data.”
Da regista, qual è il suo approccio nel rapportarsi con una performance musicale?
“La musica e le arti performative in generale sono centrali nella mia produzione, per lo più realizzati per i canali satellitari di Rai SAt : io stesso sono musicista e questo mi consente di avere un approccio alla partitura consapevole, senza timori reverenziali, ma con il rispetto che è dovuto alla musica, al pensiero che la informa. Detesto, ad esempio, quando una ripresa televisiva fa spezzatino di una frase musicale alternandone la visione dell’esecuzione da più punti di vista scadendo inevitabilmente nel didascalico, offrendo insomma un modello oramai da tutti noi assimilato, dato per buono, quando invece è l’affermazione di un puro dilettantismo nell’uso del linguaggio televisivo in relazione alla partitura musicale. Occorrerebbe essere più avveduti nell’impiego del linguaggio televisivo nelle arti performative. Allora, per tornare alla sua domanda di qual è il nostro approccio nel rapportarci all’esecuzione musicale, in sostanza si tratta di mantenere intatti alcune coordinate compositive, definiamole “drammatiche” che si ricavano dalla lettura attenta della partitura, offrendo allo sguardo dello spettatore televisivo non il dettaglio ma una narrazione che lungi dal sostituire la ripresa televisiva alla sala da concerto, diventi invece un momento “altro” della ricezione del testo musicale inteso come “ altro” accesso alla Conoscenza.”
Entriamo nello specifico del progetto “Zoroastro”: in che cosa consiste?
“In sostanza in un progetto transmediale. In vera sintesi, dico che oggi il pubblico può accedere ai contenuti mediante una serie di dispositivi e in modalità fluttuante. La Televisione e la sala da concerto, estremizzando il ragionamento, sono due di questi dispositivi. La questione è che ciascun dispositivo presuppone una “narrazione” adeguata, in grado di entrare in dialogo col proprio pubblico. Va da sé che il nostro contenuto può raggiunger così un pubblico sicuramente più vasto e per la musica colta è una buona notizia davvero. Ecco perché prima dicevo che la televisione è in grado di portare sollievo alla musica afflitta dalla malattia dei costi che versa in un’economia stagnante. Il concerto del 16 e il 17 ottobre è una delle diverse “ narrazioni” del nostro Zoroastro, le altre saranno poi accessibili, in televisione, al cinema, in DVD, al cellulare, al PC eccetera. Tra l’altro, ricordiamo che il pubblico del 16 e del 17 ottobre sarà ammesso, a dire il vero, non solo all’esecuzione dal vivo delle musiche di Rameau da parte di Theresia Youth Baroque Orchestra nella sequenza selezionata da Claudio Astronio, ma ad un vero e proprio set cinematografico dove si riprende lo Zoroastro, con tanto di ciack in campo. Il pubblico, insomma, assisterà ad una doppia epifania, quella dell’esecuzione dal vivo e e quella della ripresa cinematografica, il tutto seduto su sedie sparpagliate nello spazio della restaurata sala Ressi.”
Quali sono gli aspetti dell’opera Zoroastro che più la attraggono?
“Come ogni testo “classico” la sua contemporaneità. Mi spiego : Zoroastro simboleggia la vittoria del bene sul male, dell’intelligenza sulla stupidità. Andando oltre ai dettagli della sua produzione e della sua ricezione, l’opera risulta suggestiva con il messaggio che gli autori, il librettista in primis, hanno inteso veicolare, vale a dire una sorte d’iniziazione del pubblico ai valori della Conoscenza che all’epoca della sua prima rappresentazione non venne capito, anzi, dopo qualche replica l’opera venne ritirata e riproposta qualche anno dopo largamente rimaneggiata nei suoi contenuti originali spurgandola della sua forza eversiva. A Rimini assisteremo infatti alla prima versione. Zoroastro, insomma, è stata l’occasione di una grande innovazione formale. Jean-Philippe Rameau e Louis de Cahusac erano artisti, teorici della loro arte, pensatori progressisti vicini agli ambienti filosofici, agli enciclopedisti del loro tempo ed erano anche massoni o quanto meno ne condividevano i principi di emancipazione culturale che, per l’appunto, informa tutta l’opera. L’intrigo amoroso tra Zoroastro e Amelite, che si sviluppa in superficie, appare tutto sommato secondario e non rappresenta il nodo del dramma che costituisce invece il pretesto all’esposizione del vero soggetto dell’opera e cioè, come dicevo, il combattimento zoroastriano tra Luce e Tenebre. Dicevo della contemporaneità dell’opera Zoroastro, ecco dunque l’oscurantismo zoroastriano declinato nell’attualità che non può non collegarsi al generale appannamento culturale, e qui ritrono a quanto detto prima, un appannamento culturale che spesso viene indicato col termine di analfabetismo e che sarebbe opportuno, per l’appunto, assimilare all’età della televisione. La televisione, l’onnipresente, quella che frantuma, decostruisce, falsifica e ripristina significati. Occorre perciò essere consapevoli dei suoi meccanismi perversi nei quali assistiamo a una smaterializzazione della realtà e dove l’attenzione dell’uomo viene distolta dal mondo naturale e portata a concentrarsi sul mondo della comunicazione che appare diventata un valore assoluto.”
Nel film – non nel concerto – ci sarà anche la danza:
“De Cahusac ha una visione assai moderna rispetto all’uso della danza nell’opera francese per come veniva concepita nel proprio tempo, egli anticipa alcuni degli enunciati della riforma di Gluck e Calzabigi che emancipa la danza da momento di parentesi, quasi un intrattenimento, nel contesto dell’opera, a funzione drammaturgica. Non solo aveva scritto una storia della danza, ma è stato anche l’estensore della voce “danza” nell’Enciclopedia di Diderot e D’Alambert. Non potevamo dunque escludere la danza dallo Zoroastro integrandola nel film concerto riservandole il ruolo drammaturgico per come l’aveva intesa De Chausac, ma in chiave naturalmente contemporanea. Abbiamo quindi invitato a voler condividere il nostro progetto una danzatrice e coreografa italiana tra le più sensibili ed espressive della su generazione, Carlotta Plebs.”
Nel clima che ci ha raccontato si inserisce perfettamente un’altra figura di poeta fondamentale per lo spettacolo, quella di Giacomo Casanova:
“In effetti quando Alessandro Taverna mi chiese di “escogitare” una produzione televisiva su Zoroastro per conto della Sagra Musicale Malatestiana, pose a condizione la figura di Giacomo Casanova tra gli elementi strutturali dell’operazione in quanto il seduttore più celebre al mondo fece una traduzione in versi del libretto di De Chausac. Li per li, la cosa apparve subito un requisito assai interessante, ma tanto era affascinante quanto un rompicapo individuarne l’adattamento per la scena: ovvero, come giustifico la presenza di Casanova in Zoroastro dal punto di vista drammaturgico? Nelle sue memorie, Casanova dedica alla traduzione solo due righe: era il 1752, dunque aveva 25 anni, ed era stato invitato a tradurre l’opera dall’Ambasciatore di Polonia e Grand’Elettore del Ducato di Sassonia per la compagnia italiana dell’Opera di Dresda di cui faceva parte la madre (di Casanova) in qualità di attrice e cantante. Casanova, in sostanza, per come lo abbiamo alla fine “escogitato” costituirà l’elemento di coesione dell’intero impianto scenico drammaturgico che il pubblico in sala (sia nella dimensione teatrale che in quella cinematografica) vedrà nella sua interezza; ma grazie alla “ transmedialità” di cui parlavo prima, sarà possibile decostruire lo Zoroastro negli altri dispositivi, privandolo cioè dei diversi elementi che lo compongono, ed accedere, ad esempio, solo alla parte “ narrata” musicale, danzante o solo recitativa.”
Ad interpretare i testi di Canova è stata chiamata un’attrice, Galatea Ranzi: perché questa scelta di una voce femminile?
“Una voce femminile perché non volevo che un eventuale interprete maschile fosse assimilato, anche se involontariamente, a Casanova. A contare è il testo e colui che lo interpreta. Come per un testo musicale, poco importa se il suo interprete è maschio o femmina. Poi, nel dettaglio, la scelta di Galatea Ranzi è maturata in ragione della sua grande esperienza e versatilità professionale, capace di cimentarsi su ruoli interpretativi più disparati e per certi versi audaci, una personalità in grado di esprimersi fra teatro, soap opera e cinema, un’esperienza singolare derivatagli dal durissimo tirocinio trascorso sotto la guida di Luca Ronconi. Un’attrice a proprio agio con i diversi linguaggi della recitazione era quindi l’ideale interprete di un impianto di testi casanoviani variegato, inedito e, soprattutto, distante dallo stereotipo del grande seduttore che la tradizione ha consacrato o, a seconda dei punti di vista, relegato. Galatea Ranzi terrà dunque il filo della narrazione su una drammaturgia di testi casanoviani estrapolati dalla stessa traduzione in versi che Casanova fece dell’opera, dalle proprie Memorie e da testi risalenti all’ultimo periodo della sua vita, quello dell’esilio di Dux in Cecoslovacchia. A tale proposito desidero segnalare ai lettori del Blog un racconto breve di Sebastiano Vassalli, Dux, edito da Einaudi: è la storia, autentica, dell’ultima battaglia che Giacomo Casanova combatté nel mondo dei vivi, cosí come la racconta lui stesso in ventuno lettere autografe conservate nel castello dei conti Waldstein in Boemia, dove nel 1798 il grande veneziano morí”.
*Nella foto di copertina il regista in un momento delle riprese del film concerto Piani Paralleli, prod. BliqFilm in associazione con Jazzy Records e Kublai Film*