La notizia è di quelle belle: 300.000 euro di finanziamenti per tre anni destinati “a sostenere l’attività di ensemble, festival, stagioni concertistiche, case discografiche e centri di produzione elettroacustica che si dedicano al repertorio contemporaneo della musica colta“. E’ “Classici di oggi“, un progetto di promozione musicale targato Siae e che ha inteso premiare “le realtà musicali più meritevoli, in base all’attività svolta negli ultimi cinque anni, chiedendo loro di inviare una proposta per concorrere all’assegnazione di un contributo economico“.
Una commissione formata da Alessandro Solbiati, Guido Salvetti e Alessandro Magini ha selezionato i destinatari del finanziamento (assegnato su base annuale o triennale a seconda dei progetti presentati), riservandosi la possibilità di monitorare i risultati, di individuare eventuali ulteriori operatori a cui destinare il sostegno economico per le successive annualità o di rimodulare la quota attribuita, in funzione della variazione del numero dei beneficiari.
Questi i dodici selezionati: sette ensemble (Divertimento Ensemble di Milano, Fondazione Prometeo di Parma, New Made Ensemble di Milano, Ex Novo Ensemble di Venezia, Associazione per la Musica Contemporanea Curva Minore di Palermo, Ensemble Dedalo di Brescia, Ensemble Sentieri selvaggi di Milano), due case discografiche (Stradivarius Milano Dischi S.r.l. ed EmaRecords Music di Firenze) e tre centri di produzione elettroacustica (Edison Studio di Roma, Tempo reale di Firenze, Agon Acustica Informatica Musica di Milano).
Il meritorio progetto di finanziamento e sostegno alla contemporanea non placa però le polemiche che regolarmente si levano nei confronti della Siae. Alcuni la amano, in molti la subiscono, altrettanti la detestano: dici “Siae” in Italia e i moti di insofferenza non si contano. Perchè l’ente che si occupa della gestione dei diritti degli autori e degli editori è spesso da più parti criticato come obsoleto o addirittura inadeguato; c’è chi ne denuncia il privilegio monopolistico di fatto, grazie ad una legge del 1941. E’ vero che una sentenza del 2014 ha stabilito in virtù della libera circolazione dei beni e delle idee sul territorio europeo non si può impedire a una società con sede all’estero di occuparsi di diritti d’auore: infatti il monopolio Siae scricchiola sotto le frecce della piccola startup Soundreef, ma solo perchè quest’ultima – costituita da giovani italiani – ha sede a Londra. Se fosse in Italia sarebbe già fuori legge.
Ma le polemiche più accese sono quelle che si sono scatenate qualche anno fa all’indomani dell’approvazione di un nuovo statuto che sostanzialmente consegna il potere assoluto di gestione nelle mani di pochi “ricchi”: unico ente pubblico costituito su base associativa (dagli stessi artisti ed editori iscritti), il nuovo statuto Siae al comma 2 dell’art. 11 prevede una diabolicamente geniale negazione del principio democratico: “Ogni associato ha diritto ad esprimere nelle deliberazioni assembleari almeno un voto e poi un voto per ogni euro (eventualmente arrotondato per difetto) di diritti d’autore percepiti nella predetta qualità di associato, a seguito di erogazioni della società nel corso dell’esercizio precedente”: ed anche se il comma successivo cerca di limitare il richio di monopolio da parte di singoli (“In nessun caso ciascun Associato può esprimere voti in misura superiore al quarantesimo dei voti in astratto esprimibili in ciascuna singola votazione“) in questo modo si attribuisce agli associati in favore dei quali vengono ripartiti maggiori introiti il potere – pressoché assoluto – di controllo dell’Ente.