Quando Theresia suonerà a Bolzano, un animo filosofico potrà essere tentato di parafrasare Kant e dire “Il cielo stellato sopra di me, la legge musicale dentro di me”: la legge musicale sarà quella dell’orchestra diretta da Chiara Banchini, il cielo stellato sarà quello, gotico, della Cappella della Chiesa dei Domenicani a Bolzano, un sorprendente affresco miracolosamente sopravvissuto ai secoli e soprattutto ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.
La Chiesa dei Domenicani è in pieno centro, vicino al Duomo con la sua severa verticalità e in prossimità del dedalo di vicoli che corrono attorno alla vivace Piazza Erbe e alla pittoresca Via dei Portici: Bolzano è una città che l’estate brulica di attività, entrare nella Chiesa dei Domenicani fa piombare in un’oasi di silenzio e di pace.
La chiesa è una di quelle che dall’esterno non catturano lo sguardo: la facciata è spoglia e senza decorazioni, a parte il grande rosone e le tracce di un’enorme apertura che dalla navata centrale si doveva aprire su una grande cappella, andata distrutta.
La chiesa risale al 1272 ed è uno dei primi esempi di architettura gotica del Tirolo, voluta dai frati domenicani che giunsero a Bolzano in quegli anni, presumibilmente da Ratisbona. Nello stesso periodo arrivarono in città anche i francescani e l’Ordine teutonico. Il convento che ne derivò controllava un’area più grande di quella attuale ed era situato fuori dal nucleo urbano. Il convento venne soppresso nel 1785 da Giuseppe II e rapidamente decadde subendo spoliazioni, manomissioni e demolizioni. La chiesa perse tutto il suo terreno restante negli anni Trenta del Novecento, quando il governo fascista della città decise di costruirvi una piazza con edifici in stile razionalista. Durante la Seconda Guerra Mondiale la chiesa subì notevoli danni e successivamente fu in parte ristrutturata.
All’interno, i visitatori (e nel nostro caso, i musicisti e gli ascoltatori) sono accolti da un vasto ambiente scandito da possenti colonne: la severità del luogo non fa immediatamente sospettare l’esposione di colori che si avrà di lì a poco: bastano pochi passi infatti per entrare nella Cappella di San Giovanni. L’affrescatura della cappella S. Giovanni, commissionata dalla famiglia di banchieri fiorentini de’ Rossi-Botsch, eseguita intorno al 1330, è uno dei primi esempi di pittura giottesca conservati nella città.
La bottega di pittori itineranti che vi lavorò si era formata direttamente sull’esempio della Cappella degli Scrovegni di Padova, dipinta da Giotto. Dal maestro riprende, pur con varianti personali, il senso dell’ambientazione spaziale e la resa realistica e monumentale delle figure umane. Da segnalare in particolare il bellissimo riquadro con il Trionfo della Morte.
Dopo una storia di secoli che ha visto l’edificio ripetutamente danneggiato o saccheggiato, ciò che resta rappresenta un autentico tesoro: dei tre originali chiostri, ne rimane solo uno, che è per tutti i musicisti un posto speciale e carico di suggestioni: via passeggiava, meditabondo, Arturo Benedetti Michelangeli quando insegnava nel Conservatorio di Bolzano, la cui sede è stata ricavata dall’ex convento dei Domenicani.