Chi si aspettava un meccanismo “all’americana” è rimasto deluso: l’Art Bonus, il provvedimento varato nel maggio 2014 che consente la detrazione dalle imposte fino al 65% in tre anni per donazioni a sostegno della cultura, a un anno dalla sua nascita mostra i limiti di una concezione burocratica che ha dato finora meno frutti del previsto.
Eppure il sito creato ad hoc annunciava a una “Chiamata alle arti: Mecenati di oggi per l’Italia di domani” invitando calorosamente: “Diventa mecenate anche tu“. E il Ministro Dario Franceschini, rivolgendosi agli imprenditori, aveva tuonato: “Non avete più alibi”. Ma già il 10 novembre 2014 il Sole 24 Ore sulla scorta di una proiezione realizzata da Confcultura titolava “Art bonus, quello sconto piccolo piccolo” e sottolineava come per il momento l’appello non avesse avuto grandi riscontri, “complice la macchinosità dell’agevolazione e il suo scarso appeal soprattutto nei confronti delle aziende: per ottenere uno sconto di 50mila euro, spalmabile in tre anni, occorre avere ricavi per 10 milioni. Lo dimostrano le elaborazioni predisposte da Confcultura, l’associazione degli operatori privati dei beni culturali, che mettono invece in luce una maggiore convenienza per le persone fisiche, il cosiddetto micromecenatismo. Sulla fredda risposta dei mecenati può pesare il fatto che la novità debba ancora essere metabolizzata, così come non aiutano i tempi di magra che il Paese attraversa. A una lettura attenta delle regole dell’art-bonus, però, ci si accorge anche che il meccanismo dell’incentivo è meno seducente di quanto sia stato annunciato, soprattutto per quegli imprenditori chiamati a raccolta da Franceschini.”
Un altro limite del provvedimento, da più parti evidenziato, è di essere indirizzato ai soli beni pubblici, escludendo di fatto i beni e le attività di natura privatistica: iniziative private nella proprietà, eppur sempre di interesse pubblico, in quanto protagoniste attive del panorama culturale. Traducendo, se pensavate di usare l’Art Bonus per sostenere Theresia, siete fuori strada, non si può fare.
In ambito musicale il decreto menziona infatti espressamente le Fondazioni Lirico-sinfoniche e i Conservatori di Musica come enti che possono beneficiare di donazioni nell’ambito dell’Art Bonus, ma dimentica totalmente anche quelle Associazioni musicali, tra cui moltissime orchestre, che per la loro attività, generalmente senza fini di lucro, svolgono un effettivo servizio pubblico. E dal momento che l’Art Bonus si fonda in parte sull’idea del crowdfunding, in molti hanno deplorato il fatto che non lo si potesse estendere alle Associazioni, come altre forme di finanziamento, dai contributi alla scelta del 5 per mille. Lo ha sottolineato Barbara Boganini, Sovrintendente della Camerata Strumentale Città di Prato, sul Giornale delle Fondazioni: “Da un Art Bonus che si apre al crowdfunding volendo anche favorire le piccole donazioni, avremmo atteso come opportuno l’inserimento tra i beneficiari delle Istituzioni e Associazioni musicali che trarrebbero così reale sostegno alle proprie attività, a partire dai territori a cui appartengono.”
Del resto ad un attenta lettura del decreto appare evidente che le arti performative (concerti, teatro, ecc) sono escluse, salvo interventi di restauro e di potenziamento delle attività di Fondazioni lirico-sinfoniche o Conservatori: l’incentivo fiscale riguarda infatti “Interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici, interventi per il sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica e interventi per la realizzazione di nuove strutture, il restauro e il potenziamento di quelle esistenti delle fondazioni lirico-sinfoniche o di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo”.
I risultati, nelle varie città, sono stati tra i più diversi: se a Firenze su sono raggiunti i 18 milioni di euro di donazioni per interventi nel campo artistico e architettonico, a Torino è flop, come riportato a luglio sulla Stampa: tra le istituzioni musicali il Teatro dell’Opera di Roma ambisce a 37 milioni di Euro per “generico sostegno” e ne ha raccolto 500.000; la Fondazione Teatro Comunale di Bologna raccoglie 123.000 Euro sui 3 milioni previsti per il Sostegno alle attività per la Stagione d’Opera Balletto e Sinfonica dell’anno 2015; la Fenice, invece, è ancora ferma al palo. Salutato come positivo perchè rappresenta un primo concreto passo nella costruzione di un rapporto organico tra privati e cultura, l’Art Bonus ha ancora molta strada da fare: e con l’Art Bonus la mentalità generale e il senso civico. E forse bisognerebbe fare un po’ di distinzioni tra crowdfunding (sostenere un’iniziativa donando una certa somma sulla base di un appello per un progetto specifico), e vero mecenatismo (aderire pienamente a un’idea e sostenerla in prima persona, nel tempo).