Prendere venti giovani musicisti, ciascuno con la propria formazione, la propria storia, le proprie esperienze, e farne un’orchestra: un unico suono, un’unica tecnica, per eseguire la musica veramente “assieme”. Questo il compito più difficile e importante secondo Chiara Banchini, la celebre violinista e direttrice d’orchestra che ha lavorato in un’intensa master class di due giorni con gli archi di Theresia Youth Baroque Orchestra. L’abbiamo incontrata per farci raccontare com’è andata e come si è svolto il lavoro: “La masterclass era rivolta principalmente ai violinisti ma in realtà abbiamo coinvolto tutti gli archi dell’orchestra: infatti il primo giorno erano previste lezioni individuali in cui gli studenti erano chiamati a eseguire Sonate o Concerti di Tartini e Bach e ho chiesto loro di prepararsi e farsi accompagnare dai loro colleghi: da un violoncellista nel caso di sonata con basso continuo, da un quartetto d’archi nel caso dei concerti. Il secondo giorno invece abbiamo lavorato sul Divertimento di Mozart, che Theresia eseguirà senza direttore, guidata dalla bravissima spalla Esther Crazzolara.”
Quali suggerimenti ha dato ai musicisti dell’orchestra? “Ho cercato in primo luogo di dare degli stimoli su cui riflettere, innanzitutto sul concetto di “canto” ed espressione: ho letto loro passi dei trattati di Carl Philip Emanuel Bach e Bailleux: Bach dice che bisogna sapere cosa raccontare al pubblico, altrimenti il pubblico non segue la musica. Inoltre che la musica va sempre “cantata” prima che suonata. Questo è un concetto caro a Tartini, secondo cui un violinista che non sa cantare non è un bravo violinista.”
Quali sono gli aspetti che l’hanno colpita favorevolmente del gruppo e quali quelli su cui secondo lei si può ancora lavorare? “Questi giovani musicisti sono molto preparati, seri, determinati. Inoltre hanno un’ottima spalla: Esther Crazzolara è preparatissima, autorevole e molto rispettata dall’orchestra. Come gruppo, si può lavorare ancora sul suono: quando le provenienze di scuola sono diverse, questo si può sentire, nel suono, nell’emissione, nell’uso dell’arco: ciò che fa di un gruppo una vera orchestra è appunto appianare queste differenze. Le mie precedenti esperienze a capo di orchestre giovanili da questo punto di vista sono state più semplici, perché dirigevo il gruppo dei miei allievi a Basilea, la scuola di provenienza era quindi la stessa per tutti”.
Quali saranno le prossime tappe della sua collaborazione con Theresia? “Ritroverò l’orchestra a ottobre a Lodi, per uno stage di cinque giorni seguito da alcuni concerti: lavoreremo in particolar modo su Sinfonie e Ouverture di Boccherini e naturalmente approfondiremo i discorsi iniziati a Rovereto.”